CHE NON SIA UN’ILLUSIONE

La battaglia per la giustizia a trent'anni dalla morte di Enzo Tortora

La U.G.C.I. – Unione Locale di Taranto, in collaborazione con i Lions (Taranto), in occasione del trentesimo anniversario dalla morte del noto conduttore televisivo, Enzo Tortora, ha promosso una riflessione sulla Giustizia, quale esigenza insopprimibile del cuore dell’Uomo. L’evento formativo, accreditato dall’ordine degli avvocati di Taranto, si è tenuto venerdì, 16 novembre 2018, presso l’Aula Magna “Giovanni Paolo II” – Opere Parrocchiali S. Rita – Piazza S. Rita, in Taranto.

Moderatore:

GIUSEPPE MAZZARINO – GIORNALISTA

Relatori:

AVV. RAFFAELE DELLA VALLE – STORICO LEGALE DI ENZO TORTORA

DOTT. BENEDETTO RUBERTO – G.I.P. PRESSO IL TRIBUNALE DI TARANTO

FRA GIANPALO LACERENZA – DOCENTE DI TEOLOGIA PRESSO LA FACOLTÀ TEOLOGICA PUGLIESE

Una sala gremita, un confronto di alto livello – ‘passionale’ ma non ‘urlato’ – su una delle tematiche più importanti in un Paese che voglia dirsi civile. Si è parlato di (mala) giustizia nel corso dell’incontro “Che non sia un’illusione”, dalle parole con cui Leonardo Sciascia ricordò il desiderio di Enzo Tortora di non vedere ripetuto il tragico errore giudiziario di cui fu vittima.

Il noto conduttore del programma della Tv nazionale più seguito d’Italia dell’epoca, Portobello, venne prelevato all’alba da casa sua, ammanettato, arrestato e condannato in primo grado con l’infamante accusa di essere un camorrista, sulla base di futili, presumibili prove. Verdetto che venne ribaltato in Appello; ma Tortora rimase profondamente segnato dagli anni di quell’inferno, e dall’esperienza del carcere. L’incontro, ospitato dall’Aula magna delle opere parrocchiali Santa Rita, è stato organizzato dall’Unione giuristi cattolici, in collaborazione con la Camera Penale di Taranto, la Scuola forense, l’Ordine degli Avvocati di Taranto, l’Ordine dei giornalisti di Puglia ed il Lions club Taranto Aragonese.

I lavori sono stati moderati dal giornalista Giuseppe Mazzarino, che ha ricordato, senza fare sconti, anche quelle che furono le responsabilità della stampa nel caso Tortora. Ad intervenire l’avvocato Egidio Albanese, presidente della Camera Penale di Taranto, il gip del Tribunale di Taranto Benedetto Ruperto e l’avvocato Raffaele Della Valle, storico difensore di Tortora e testimone diretto, quindi, del più grande errore giudiziario della storia italiana. Il suo è stato un excursus preciso, puntuale, dettagliato, ed emozionato anche a distanza decenni. Ad emergere, netta e chiara, la passione per la Giustizia di questo distinto signore del Nord, visceralmente lontano da quei ‘Maradona del Diritto’ che non si fanno scrupolo di calpestare i diritti dei Tortora nei tribunali o nelle carceri.

Eppure, l’epilogo ha potuto documentare come l’esperienza del male incolpevole sia stata, anche per Enzo Tortora, l’occasione per entrare in rapporto con il Mistero d’amore; se è vero che perfino lui, fieramente “laico”, riprese il suo contatto con il pubblico televisivo nel febbraio 1987 con le celebri parole: «Dunque dove eravamo rimasti. Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me, e io questo non lo dimenticherò mai. E questo “grazie” a questa cara, buona gente, dovete consentirmi di dirlo. L’ho detto, e un’altra cosa aggiungo: io sono qui, e lo sono, anche per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi; sarò qui, resterò qui, anche per loro. E ora cominciamo come facevamo esattamente una volta».

Il celebre caso giudiziario, per taluni vero e proprio archetipo dell’Ingiustizia, introduce peraltro la questione della sofferenza innocente, che certamente inquieta la ragione umana incapace di sottomettere tutto alla sua misura.

Che non sia un’illusione, appunto; come campeggia su quella colonna di marmo del Cimitero Monumentale di Milano, in cui le ceneri del suo sacrificio, per sua espressa volontà, sono custodite insieme ad una copia della Storia della Colonna Infame di Manzoni, con prefazione di Leonardo Sciascia. A futura memoria.